L’assedio. I giorni dell’assedio
Le cure più importanti della Repubblica furono riservate all’organizzazione dell’esercito, trovandosi presto in una drammatica condizione di accerchiamento da parte delle potenze cattoliche, cui si era appellato il papa per rientrare nei suoi domini.
Fu creata una Commissione di guerra, animata da Carlo Pisacane, che pur rinunciando alla coscrizione obbligatoria, cercò di portare l’organico a 38.000 uomini, cifra per la verità mai raggiunta. Il modello cui si guardava era quello francese, i cui ordinamenti venivano considerati “i più completi per tutto ciò che concerne l’organizzazione e l’istruzione di un’armata”.
Il primo scontro con l’esercito francese si ebbe il 30 aprile. Oudinot, comandante delle truppe d’oltralpe, cercò di superare lo schieramento difensivo romano dalla parte del Gianicolo, ma i soldati repubblicani, dopo un estenuante combattimento, non solo tennero le posizioni, ma costrinsero i Francesi a ripiegare oltre villa Pamphili. Nell’occasione Garibaldi dette ancora una volta prova di grandi capacità tattiche, riuscendo qualche giorno dopo anche a respingere un attacco delle truppe borboniche a sud della città. Con i Francesi, che nel frattempo si erano ampiamente rafforzati, lo scontro riprese con veemenza il 3 giugno, giornata nella quale molti valorosi patrioti persero la vita e l’armata di Oudinot riuscì a occupare diverse postazioni importanti. L’assedio durò incessante fino al 1 luglio, giorno nel quale la Repubblica fu costretta a capitolare. Garibaldi con diverse migliaia di uomini si allontanò da Roma per tenere vivo l’ardore repubblicano in altre località della penisola, mentre Mazzini s’imbarcò il 12 luglio alla volta di Marsiglia con passaporto americano. Alcuni patrioti, come Cernuschi e Pisacane, furono trattenuti qualche giorno prigionieri.